L’intervista del mensile Jack all’imprenditore Alessandro Benetton
Alessandro Benetton vola con la nuova tecnologia. Nessun “figlio di…” come lui è riuscito, lasciandosi dietro i maglioni e la scuderia di Formula Uno di famiglia, a costruire da solo un castello tecnologico cubista come è oggi la sua 21 investimenti. La banca d’affari che Alessandro ha fondato sette anni fa, dove il 21 sta per XXI secolo, fonda le sue radici nella voglia e nel credo del futuro. Con questo progetto, che sposa idealmente la comunicazione e Internet, la telematica e l’industria, il mercato e la Rete, Alessandro Benetton dimostra che la nuova economa esiste solo se nutrita dell’economia tradizionale.
Alessandro Benetton, giornali e mercati mondiale piangono i funerali di Internet. Lei non fa che dire la nuova economia ha un sicuro avvenire. Perché?
Perché anche se templi della finanza come Usa Today diffondono notizie catastrofiche sull’andamento di titoli di internet, la realtà parla diversamente. Secondo un’inchiesta di Micromega almeno il trenta per cento dei giovani, in Italia, naviga in rete per ore. E sempre più persone entrano e crescono in questa avventura. Del resto, Internet stessa esce dalla sua fase adolescenziale e diventa grande. Chi, come noi, l’ha frequentata negli ultimi anni, si è fatto abbastanza esperienza per capire quali sono le aree da continuare ad esplorare e quali hanno bisogno di un approccio diverso.
Perdoni la provocazione, Alessandro Benetton, ma come si concilia il suo entusiasmo con le parole di Cesare Romiti, che dice che la new economy non esiste?
Senza essere così estremi, in un certo senso sono d’accordo con lui quando dice che la nuova economia non può esistere senza quella tradizionale. Ma la vera arena competitiva si sposterà nell’applicazione della nuova tecnologia. E gli italiani, con la loro capacità di “fare” prodotti, sono il popolo più adatto a usare le tecnologie come volàno di sviluppo. Ricordiamoci che nell’Ottocento la grande rivoluzione industriale nacque dalle capacità dei singoli.
Forse questo settore è già in mano a certi singoli.
Finora abbiamo vissuto in una specie di Far West dove comandavano solo i più forti, cioè quelli con i capitali stranieri. Adesso lo scenario può cambiare.
Tornando alla sua 21 Investimenti, lei ha avuto alcune “delusioni tecnologiche”. Il suo Boo.com, il negozio di abbigliamento online dove chiunque avrebbe potuto comprare dal maglione ai pattini su misura, è stato un flop che ha bruciato molti miliardi.
Quando su dieci navi salpate nove arrivano in porto non si può parlare di fallimento. La 21 Investimenti ha concluso almeno sessanta operazioni finanziarie e comunque mai come nella tecnologia un errore può servire a costruire meglio! Oggi so che chi compra in Rete vuole in cambio un grande vantaggio economico, in altre parole povere lo sconto.
Un consiglio per non sbagliare nella nuova economia?
Usare la Rete per i rapporti d’affari. È la nuova frontiera. Noi abbiamo creato satelliti come la 21 Network, che con un capitale di 120 miliardi sarà una specie di laboratorio capace di offrire a industrie e imprese finanziamenti e competenze, muovendosi tra software per internet, agenzie di viaggio online, design di siti per banche. E presto arriveremo alla quotazione della Profit, il cui circuito di televisioni locali che include Odeon TV e Rete Mia.
A proposito di televisione, è vero che Alessandro Benetton è entrato al 50% nella nuova società di comunicazione di Costanzo?
Cercavo un pilota per internet e l’ho trovato: Maurizio Costanzo. Spesso si pensa alla comunicazione nelle aziende come a un contorno scontato. In invece credo che si debba affrontare il problema a livello imprenditoriale. Nella nostra società si farà comunicazione tradizionale, ma la sfida è quella di trasformare fatti televisivi in contenuti via Rete. Se mi passa la brutta espressione, di internetizzare la tv. Esempi? Il Costanzo Show, sul Web, potrebbe rimanere lo stesso o diventare un’altra cosa, ma la parte importante sarà la capacità di interazione tra le due versioni.
Si racconta che lei lavori in una villa veneta dell’Ottocento completamente consacrata alla tecnologia. È vero?
Non proprio. Nella nostra sede abbiamo cercato l’armonia tra gli affreschi d’epoca e l’impronta della tecnologia. Cero, i nostri auditorium multimediali sono collegati in videoconferenza con tutto il mondo, e hanno una centralina capace di abbassare le luci, far salire e scendere le tende, accendere il videoproiettore e così via… Per me che sto chiuso in riunione giorni interi è una vera manna tecnologica. Nella Barchessa, una volta la depandance della villa e oggi il mio ufficio, c’è uno schermo di un metro per un metro e mezzo che trasmette dati finanziari da tutto il mondo.
In che modo la tecnologia entra nella sua vita personale?
Abbiamo un rapporto intenso, fuori e dentro l’ufficio. Il computer viaggia sempre con me, è un prolungamento del mio lavoro. L’importante per chi è molto esposto alla tecnologia è non lasciarsi divorare. A volte mi rendo conto che non sono più io a usare il mio telefonino, ma viceversa. Bill Gates dice che c’è un punto in cui l’organo vitale, cioè l’orecchio, diventa parte dell’organo elettronico, cioè il tuo “mobile”. Ma il nostro organismo reagisce naturalmente ai prodotti nocivi, e prima o poi ci costringerà a trovare un rimedio alle conseguenze dell’invadenza tecnologica.
Alessandro Benetton, lei sapeva che sarebbe riuscito nel suo sogno di autonomia?
Credo poco a chi dice di aver avuto certe intuizioni e certe passioni fin dalla nascita. Sono arrivato fin qui gradualmente. Poi un giorno ho intuito che la finanza da investimento poteva essere la mia strada.
Ha mai pensato di diventare un campione di sci?
No, eppure sciare mi piaceva e mi riusciva. Da ragazzino la mia curiosità mi ha portato ad andare sempre oltre. In questo io e mio padre ci ritroviamo: la curiosità è un virus comune, Ma per tornare ai sogni: mi piacciono molto gli uomini che sognano, molo meno quelli che ai sogni si lasciano andare
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FONTE: Jack[:]